La capacità dei videogiochi di “insegnare”
5 Giugno 2020Alcuni suggerimenti per mettersi d’accordo in famiglia ed evitare discussioni tutti i giorni sul tempo da dedicare ai videogiochi.
In tempi normali molti genitori distinguevano i tempi di gioco durante la settimana da quelli del week end, quando qualche minuto in più era concesso. In questi tempi di giusta reclusione in casa, le giornate sembrano tutte uguali e mantenere le regole diventa più difficile. Come mettersi d’accordo in famiglia per evitare discussioni tutti i giorni?
1. FACCIAMO DI TUTTA L’ERBA UN FASCIO: non commettiamo l’errore di considerare i videogiochi come discorso a sé, le criticità legate alla loro fruizione sono spesso simili a quelle che riguardano anche l’uso di telefonino, computer, tablet e televisione. Parliamo allora di “tempo su monitor” e consideriamo che anche le ore online davanti ad un computer per la scuola affaticano i ragazzi.
2. A CHE GIOCO GIOCHIAMO?: nell’accordare i tempi di gioco ricordiamoci che alcuni giochi sono veloci, impegnano per pochi minuti a sfida, altri invece sono a livelli, missioni, obiettivi, quindi comportano tempi di gioco anche lunghi e richiedono sempre di salvare gli avanzamenti fatti. Alcuni giochi prevedono movimento fisico, altri sono sedentari; alcuni giochi sono più meccanici, altri richiedono strategia e attenzione.
3. DIMMI DOVE E QUANDO: la piattaforma di gioco influisce sull’immersività dell’esperienza e sull’affaticamento. Giocare sul telefonino o con console portatile è diverso rispetto al gioco fatto su console e televisore, o dai giochi con esperienza di realtà virtuale. Soprattutto per i più piccoli evitiamo di giocare la sera, preferendo routine di rilassamento come il cartone animato preferito, un’audio-racconto o la classica lettura della buona notte che comportano un livello di attivazione inferiore.
4. DIMMI PERCHÉ: il videogioco come riempitivo scaccia noia è diverso dal gioco fatto con una precisa motivazione, per scelta. Stabiliamo la regola che si gioca se si sa già a che cosa giocare e se si ha un obiettivo preciso (“Voglio provare a raggiungere un nuovo livello”), altrimenti qualsiasi altra attività potrebbe essere uguale.
5. PIT STOP: molti dispositivi di gioco prevedono delle pause o delle sospensioni pre-impostate o personalizzabili. Quando abbiamo figli in età scolastica, interrompiamo sedute di gioco che durano oltre 20 – 30 minuti, con una domanda sul gioco, la richiesta di una spiegazione sul ruolo di un certo personaggio e in ogni caso ogni volta che vediamo il bambino innervosirsi eccessivamente. Attenzione, non si tratta di spegnere bruscamente il gioco come sanzione, ma di dare insieme senso all’esperienza di gioco (“Che cosa ti fa arrabbiare? Prova a spiegarmi che magari capiamo insieme che cosa si può fare”; “Non ti vengono in mente altre soluzioni per affrontare questo passaggio?”). Parlare del gioco aiuta a “rasserenare gli spiriti” e a distanziarsi quel tanto che serve per guardarlo più dall’esterno e avere magari un’illuminazione risolutiva.
Non dimentichiamoci infine che quando si gioca in più persone, magari passandosi il controller o il joypad, i tempi di gioco sono diluiti e le risate sono condivise da tutta la famiglia!
Manuela Cantoia