Nel caso di Animal Crossing: New Horizon, il videogioco con cui vogliamo far esordire questa rubrica di recensione di videogiochi dedicata a voi genitori (e scritta da genitori), le tre precauzioni indicate qui si applicano con una certa facilità. Il Pegi – dai 3 anni in su - non lascia spazio a dubbi sulla assoluta liceità dell’acquisto. I trailer poi mostrano esattamente quello che il gioco è, senza sorprese: un simulatore di vita dai toni rilassati e senza obiettivi stringenti da perseguire, e che dunque lascia tempi e modi del tutto personali nell’approccio al gioco. Tema a nostro parere fondamentale quando parliamo di avvicinare ai videogiochi i bambini più piccoli. Ma l’elasticità del gameplay, il modo di giocare, lo stile, è anche la chiave che può portarvi senza resistenze a giocarci con i vostri figli: potremmo chiamarla in termini più legati al mondo del lavoro – che spesso ci è più famigliare di quello un po’ scordato dell’infanzia – una scalabilità che di fatto permette a chiunque di vivere Animal Crossing al proprio modo e però anche al modo degli altri. Che lo si faccia da soli, in multiplayer (la modalità multigiocatore si può fare non solo online ma anche in locale, a casa propria, dividendo lo schermo del tv) o anche solo da semplici spettatori. Ma intenzionali, cioè vivendo attivamente la vita dell’avatar – l’alter ego digitale - del proprio figlio, aiutandolo nella scoperta delle regole e delle opportunità di questa realtà digitale. E creando così nella dolcezza, amicizia e spirito di collaborazione che fanno da sfondo strumenti e pratiche che si possono poi anche applicare nel mondo reale.
Fatte queste premesse che dovrebbero avervi già convinto di un titolo che fa per la vostra famiglia, perché è adatto a qualunque famiglia, entriamo ora un po’ più nel dettaglio. Intanto quelli cosiddetti tecnici, così superiamo subito anche il possibile scoglio del “non so come si fa”, che con l’evoluzione delle piattaforme di gaming vi assicuriamo è sempre più psicologica. Animal Crossing: New Horizon è un titolo Nintendo che si può giocare esclusivamente se possedete una console Switch dell’azienda giapponese (costa 330 euro, la versione Lite non collegabile al tv - invece 220). Il gioco è acquistabile in formato fisico nei negozi o sui siti di e-commerce a un prezzo di listino di 60 euro. Oppure può essere scaricato dallo Store di Nintendo, direttamente attraverso la console, allo stesso prezzo.

Iniziare a giocare ad Animal Crossing: New Horizon è piuttosto facile. Meno lo è smettere, perché una volta entrati nel flusso calmo degli “impegni” sociali e quotidiani, volendo anche banali come pescare o disinfestare l’isola dagli insetti, ci si lascia trasportare facilmente dalle acque placide di questa vita senza pensieri. Vale la pena, parlando appunto di gioco in famiglia e di un titolo con un target così volutamente dedicato (anche) ai più piccoli, di far notare come non abbia quegli inviti automatici a prendersi una pausa, come invece accade in altri prodotti Nintendo. Il rischio è dunque quello di perdere il senso del tempo proprio perché non ci sono singole sfide da concludere. Per evitare rischi di bulimia da Animal Crossing – anche per se stessi – consigliamo quindi di scaricare sul proprio smartphone l’app Filtro famiglia per Nintendo Switch, facilmente reperibile anche scansionando un QR code direttamente dalla console (si tratta di un quadrato formato da strani simboli che si trova sulla confezione). Una volta facilmente connessa l’app alla vostra Switch, basterà impostare un tempo consono al gioco, variabile a seconda dei casi ma che a nostro modo di vedere non dovrebbe mai superare l’ora continuativa (e in generale le 2-3 ore al giorno, considerando ogni attività legata a uno schermo, quindi anche tv, smartphone etc.).
Abbiamo ora le carte in regola per tornare all’inizio del gioco, quando – una volta fatto partire il software – ci troviamo a dialogare con Mirco e Marco, due procioni che ci illustrano le meraviglie del nostro “Pacchetto isola deserta”. Vale la pena di notare come il duo alle dirette dipendenze di Tom Nook - un procione più adulto che viene chiamato presidente e che di fatto è il benevolo padrone di tutto quanto accade nel gioco - parla quello che inizialmente appare come un linguaggio di fantasia. Pian piano, con l’abitudine, si capisce che il linguaggio di tutti i personaggi del gioco è un italiano velocizzato e dunque molto buffo, tanto da diventare – per i bimbi più piccoli, ma non solo – un divertente gioco nel gioco. I due procioni ci condurranno per mano nei primi passi che includono la registrazione del nostro nome nel gioco e del nostro compleanno, quindi ci chiederanno di darci un volto (all’inizio siamo di spalle), utilizzando uno strumento di personalizzazione del proprio avatar piuttosto limitato ma non per questo insoddisfacente. Siamo ora pronti a partire per la nostra isola, che tanto deserta non è. Con noi oltre al trio di procioni che svolgono la funzione di servizio – tutorial iniziale, quindi possibilità di vendere e acquistare oggetti, imparare a costruirli e quant’altro – ci saranno inizialmente la gattina Tamara e il caprone Ovilio (ma è il nostro caso, i personaggi variano), ospiti come noi con i quali imparare la vita e l’economia dell’isola. E più il nostro piccolo paradiso funzionerà bene e sarà accogliente e più l’isola inizierà a popolarsi di altri animali antropomorfi. Tutti gestiti dal programma, cioè non da altri giocatori come noi. L’interazione con altri umani, dunque in multiplayer, è senz’altro una delle caratteristiche più interessanti del gioco – di fatto la possibilità di viaggiare nelle isole degli altri, per commerci o semplici visite alle meraviglie ospitate – ma in una fase iniziale lo sconsigliamo. In particolare se si gioca con bambini della scuola primaria che, pur dando per scontato l’interagire con altri nei videogiochi (così come in tutti i giochi, di fatto) è bene che prima imparino, insieme ai loro genitori, regole, rischi e opportunità delle relazioni in digitale.
Il gioco bilancia le dimensioni individuale e collaborativa, perché permette di vivere su un’isola deserta creandosi il proprio mondo, ma ottimizza l’esperienza nel momento in cui la si condivide con gli altri abitanti, in perfetta e completa antitesi rispetto ad altri giochi sul tema “isola”. La filosofia del gioco è espressa chiaramente nei testi delle conversazioni con i personaggi (veri propri inni al lavoro di gruppo) e applicata fin da subito, perché già nella fase di avvio – quando si ha finito di montare la propria tenda, la nostra prima abitazione che poi progredendo potremo ampliare fino a una bella villa -, viene chiesto di aiutare i compagni di isola prima di proseguire nel gioco. Sempre durante la prima sera, con Tom Nook a fare da anfitrione, davanti a un caldo falò (per il quale dovremo procurare la legna necessaria) viene proposta una poesia sull’amicizia. È anche il momento per scegliere il nome della nostra nuova patria e in questa occasione è interessante notare come vengano citate le regole base della democrazia (con votazioni e rappresentanti). Dalla mattina successiva, invece, vengono gettate le basi anche dell’economia che gestisce tutte le dinamiche di gioco. Guadagnare e comprare, scambiare, chiedere prestiti o “investire” in depositi – il tutto basato sulle stelline, la valuta del gioco, e senza mai la pressione di avere “risorse scarse” – sono tutti insegnamenti utili alla vita reale. Di fatto il gioco in generale è fortemente propedeutico a diversi avanzamenti nelle conoscenze utili alla socialità e alla conoscenza dell’ambiente che circonda i nostri figli.
Per questo motivo consigliamo fortemente – ed è un po’ lo scopo di fondo di questa rubrica - la presenza di un adulto o fratello/sorella maggiore che sottolinei il punto, senza dare soluzioni, ma spingendo il bambino a esprimere un punto di vista, prendere una decisione o riconoscere una situazione. Parliamo per esempio del pensiero controfattuale (se… allora: “Se io piantassi la tenda qui…”) e prospettico (pensare cose non attualmente presenti, avere visioni di insieme su un progetto in realizzazione), attivati attraverso la visualizzazione (“Immaginiamo come sarebbe”). Vi è poi un invito, il tutto sempre in modalità leggera e piacevole, a valutare l’adattamento delle strategie o delle valutazioni: i personaggi fanno commenti che permettono di capire come le loro conoscenze o le loro decisioni possano variare in funzione dei feedback che si colgono nel gioco (“All’inizio pensavo… ma ora…”). C’è poi un’alternanza di problem finding e problem solving – l’incappare e quindi risolvere problemi/opportunità - davvero intrigante: nell’ambito delle azioni che si possono realizzare, si deve immaginare che cosa potrebbe essere utile fare, quali obiettivi porsi, che cosa potrebbe servire, per poi passare a ragionare sui modi per raggiungere i propri obiettivi.

I commenti espressi dai vari personaggi dell’isola poi, a seguito delle decisioni prese, spesso rappresentano una vera e propria verbalizzazione di emozioni e pensieri che aiutano a sviluppare empatia e a collegare determinati stati d’animo ai processi mentali (è normale avere dubbi, sentirsi sollevati, sbagliare, non sentirsi all’altezza). Si tratta di un vero e proprio accompagnamento allo sviluppo di importanti competenze di base. Per esempio quelle visuo-spaziali, con la necessità di apprendere la lettura della mappa, strumento fondamentale non solo per l’orientamento, ma anche – agendo sulle levette sinistra e destra della console – capire l’importanza della prospettiva e dell’utilità di cambiarla a seconda del compito che stiamo facendo (raccogliere conchiglie in riva al mare oppure effettuare il lancio corretto con la canna da pesca per catturare un pesce). Perché pur essendo in un mondo fantastico (in cui le mele spuntano dagli alberi innevati), si devono davvero fare tutte le cose da soli o con altri, cioè nulla appare magicamente. Devi cercare e costruire, e imparare appunto alcune regole, come per esempio lo scorrere del tempo, che nel gioco è parallelo a quello del mondo reale. Dunque con le stagioni, le festività e le giornate speciali, come è stata per esempio quella dei Musei: era il 18 maggio, e diverse donazioni reali-digitali (per esempio dal Museo della Scienza e della Tecnica di Milano sono state fatte ai musei sulle isole dei giocatori. Tutto è molto bilanciato, e mai ansiogeno. Con la scelta (molto azzeccata, secondo noi) di fermare la vita nell’isola nel momento in cui ne usciamo, e dunque la certezza che il gioco non progredisce in alcun modo in nostra assenza. Le nozioni poi – pur con qualche strafalcione scientifico: tutti tranne Tom Nook sanno che il paguro non è un insetto! – sono sempre inserite in modo delicato e senza che intralcino quello che un gioco deve sempre fare di base: divertire.
Potremmo dire, senza paura di essere smentiti, che Animal Crossing: New Horizon è un gioco intrinsecamente “buono” e sociale, anche chi ci gioca da solo respira un clima positivo di collaborazione, gentilezza, senso di identità di gruppo. Un ottimo esempio di come sia possibile gestire le avventure e le relazioni con attenzione all’altro. È adatto sicuramente nella fascia della scuola primaria, ma chi lo conosce, crescendo, continua a giocarci, perché il gioco si sviluppa diversamente in funzione delle capacità del giocatore e perché la dimensione di condivisione nel gruppo prevale sugli aspetti “infantili”. Tornando all’epoca dei “tutti chiusi in casa”, Animal Crossing si è rivelato una splendida, e dolce, alternativa al quotidiano in cui si era costretti tra le mura. Ma anche alla socialità digitale fatta di videochat. E così generazioni anche differenti hanno ritirato fuori dai cassetti copie anche vecchie del gioco per ritrovare la vecchia socialità amichevole e senza pressioni del gioco. Anche all’interno di una delle fasce forse più critiche nel periodo del Lockdown, quella degli adolescenti, non è stato raro scoprire gruppi di ragazzi che creavano spazi sociali anche sulla vecchia console Wii e con il titolo della serie di allora, Let’s Go to the City (era il 2008). D’altronde la leggenda vuole che Katsuya Eguchi, il game designer del primo titolo della serie (di cui ora è a capo), avesse cercato di ricreare nel gioco quel calore umano tipico dell’ambiente famigliare che a lui – pendolare super-impegnato – era negato. Dopo quasi 20 anni, l’esigenza di coccole di Eguchi è scalata a livello globale. E non a caso Animal Crossing: New Horizon (oltre ad aver fatto impennare i conti di Nintendo) è stato battezzato da molte testate giornalistiche – con la dedica anche di prestigiose copertine all’atmosfera zen dell’isola cullata dal rumore del mare – “Il gioco del Lockdown”.
A questo punto si intuisce forse facilmente che questo gioco… ci piace! È un momento di intrattenimento (anche) intelligente e che può essere vissuto diversamente a seconda dell’età e del livello di abilità del giocatore che ci gioca: varia e offre opportunità sempre più ricche e articolate in funzione delle capacità e delle attese di chi lo guarda. Per dirla in termini filosofici, anche rimanendo alla sola modalità single player, Animal Crossing ti mette continuamente davanti a scelte che potremmo definire "esistenziali" e che ruotano intorno alla questione "che tipo di persona vuoi essere?". Puoi stare per i fatti tuoi, accumulare quanto ti serve e pure di più, oppure puoi contribuire alla "società" facendo donazioni al museo (piuttosto che vendere i reperti per arricchirti), contribuendo alla costruzione del negozio, facendo regali ai tuoi vicini o ricambiando i loro regali, scambiando due parole con loro piuttosto che andartene subito via. Insomma, l’invito alla collaborazione è costante, ma si tratta sempre di una scelta. Magari anche legata al proprio momento, se siamo stanchi o al contrario fortemente motivati. Anche perché non sempre si riceve una ricompensa per le azioni gentili: le sceglierai di fondo perché vuoi farle e in alcuni casi ne avrai un ritorno immediato. Più ti aprirai agli altri, più scoprirai cose nuove e potrai cogliere opportunità. Come quelle legate all’esprimere le proprie emozioni e stati d’animo, imparare se è il caso di manifestarle, e come. Capire, nel caso dei più piccoli ma forse non solo, se è il caso di chiedere scusa a un personaggio oppure al contrario se esprimere disaccordo.
Andando avanti nel gioco diventa sempre più chiaro il fatto che il divertimento è letteralmente nelle mani di chi gioca. Puoi limitarti a gironzolare e allora diventa un gioco noioso, puoi seguire gli obiettivi per raccogliere le “miglia” (altra forma di valuta del gioco, che serve per compiti differenti rispetto alle stelline) - e in questo caso diventa un gioco di tante singole sfide proposte da altri -, oppure puoi esplorare, viaggiare in altre isole, coinvolgere altri abitanti, evolverti. Man mano che si va avanti, alcune “evoluzioni” richiedono anche molta pazienza, quella che ai bambini può mancare. E anche qui, Animal Crossing può diventare un modo interessante per imparare l’attesa e gestire l’impazienza. Volendo scomodare grandi riflessioni, potremmo dire che il gioco si presta a interrogarsi sul senso di noia che molti bambini/ragazzi lamentano: sicuro che non ci sia davvero niente che potresti fare? O che dietro un momento apparentemente frustrante non si nasconda poi una bella sorpresa che ripaga tutto? Giocare a livelli più creativi richiede curiosità, tentativi, capacità di problem solving e di analisi delle situazioni. Le tasche, pur allargabili, hanno comunque capienza limitata: devi sempre valutare che cosa veramente ti serve e che cosa puoi lasciare a casa, per non trovarti obbligato a lasciare indietro una scoperta o perdere un'occasione importante. Insomma, più osi e ti impegni, più ti diverti e "cresci”. Un po’ come succede nella vita.