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Pokemon

La recensione di papà Federico e di Francesco

Ogni videogioco targato Pokémon, proprio come le tante facce di un marchio con pochi rivali nel campo dell’intrattenimento, è indubbiamente poliedrico. In superficie può sembrare un semplice “Monster Collector”, ovvero un gioco nel quale viene richiesto di collezionare tutte le creature di fantasia presenti al suo interno, ma la verità è che lo slogan “Acchiappali Tutti!” descrive solo sinteticamente la sua natura. Un titolo Pokémon è spesso un veicolo di cultura globale, attraverso il quale molte creature e luoghi narrano a grandi e piccini scorci storici, mitologici e folkloristici del nostro mondo, eventi realmente accaduti e reinterpretati in chiave fantasy. E anche definirlo “solo” un videogioco è riduttivo: il franchise della The Pokémon Company – affiliata Nintendo – è molto di più. Sulla scia di oltre 350 milioni di copie di videogame (con oltre 70 titoli) venduti, i “mostri tascabili” (POcKEt MONsters) sono anche cartoni animati in serie tv e film, un gioco di carte collezionabili, fumetti, libri e ogni tipo di giocattolo o gadget immaginabile.

La forza di un marchio nato il 27 febbraio del 1996 e che dunque quest’anno festeggia i 25 anni, surfando tuttora sulla cresta dell’onda, è nella natura di molta della produzione Nintendo. Grafica e riferimenti sono chiaramente infantili, rivolte a un pubblico da giovane a molto giovane. Ma come spesso accade in generale nella cultura giapponese, i tratti junior non devono ingannare su una giocabilità/portata capace di coinvolgere un pubblico trasversale, come età e - come si intuisce dal successo planetario – come cultura. Riassumendo: titoli perfetti da giocare in famiglia, uno di quei ponti fortunatamente sempre meno rari tra genitori e figli. E anche il contrario: permette dunque ai vostri piccoli di farvi catturare – in puro stile da allenatori di Pokémon – per portarvi nei tanti mondi abitati dai mostri. Dove la cattura prima e le battaglie poi – la base di tutti i giochi - sono aspetti di un divertimento mai cruento. E che si rivela tondo nell’esperienza e dunque universale nell’attrarre tutta la famiglia. Il “Catch ‘em all” di cui dicevamo all’inizio è dunque bidirezionale, vale per i mostri ma funziona anche per bimbi e bimbe, mamme e papà.

La cosa sarà poi particolarmente accentuata nei giochi per Nintendo Switch, Pokémon Diamante Lucente e Pokémon Perla Splendente, remake attesissimo dai fan degli originali Diamante e Perla usciti nel 2006 – e qui siamo a festeggiare i 15 anni di anniversario - per l’allora in carica Nintendo DS. Per chi non fosse pratico, si tratta dello stesso gioco ma che arriverà sul mercato – verso le fine dell’anno – in due versioni, con due copertine differenti. E due mostri leggendari differenti, il che darà vita tra i giocatori - come ormai tradizione del marchio – a due fazioni in amichevole contrasto: in Diamante potrete catturare Dialga, inarrestabile drago del tipo acciaio controllore del tempo, in Perla Palkia, potente drago d’acqua capace di distorcere lo spazio. Spazio e tempo, due concetti su cui si può iniziare a riflettere, insieme, anche solo giocando.

Ecco perché parliamo di un’esperienza a strati, fruibile a più livelli. Andiamo avanti su questa scia. Come in tutti i giochi Pokémon – il cui stile di gioco si differenzia però a seconda del titolo – ci sono i momenti di gioco di esplorazione e di cattura, da soli o in compagnia (servono due copie del gioco e altrettante console), quindi quello della battaglia e della collezione. Ma è anche l’ambiente, vasto e dettagliato, a dare spessore all’esperienza. I due giochi sono ambientati nella regione di Sinnoh, fittizia ma che racconta in realtà la storia e gli ambienti dell’Hokkaido giapponese, la seconda isola più grande del Sol Levante. E qui proseguono i parallelismi fantasia-realtà, imperdibili per i giocatori giapponesi ma intriganti per tutti. Il Monte Corona di Sinnoh altro non è che la vera catena montuosa di Ezo, l’Impianto Turbine - basato sull’energia eolica, anche qui uno dei tanti spunti da affrontare insieme - replica la storia di Tomamae, città dell’Hokkaido conosciuta per i suoi mulini a vento. Ci sono poi le città portuali di Canalipoli e Nevepoli che rappresentano l’importanza per l’Hokkaido degli scambi commerciali marittimi, come quelli che avvengono tutt’oggi con la Russia nella marittima Wakkanai.

Sinnoh insomma è un Giappone in miniatura, e se si ha la pazienza di dissezionare i tanti, diversi luoghi in cui si svolge il gioco è possibile scoprire sempre due storie parallele. Quella dei Pokémon, il nucleo centrale del gioco, la leva giustamente attrattiva per i bambini/ragazzi, e quella delle terre dei suoi creatori. E non parliamo solo delle location del gioco: la cultura-religione scintoista giapponese, che affida un’anima a tutto ciò che vive nel mondo, va a costruire un intero universo di riferimenti culturali. Che vanno spesso ben oltre quelli solamente del Paese. Nella ricca fauna di Sinnoh troviamo per esempio Infernape, uno dei Pokémon con il quale è possibile cominciare la propria avventura, che è ispirato al personaggio letterario di Sun Wukong, un monaco dall’aspetto di scimmia protagonista del romanzo Viaggio in Occidente. Si tratta, se volete approfondire, di uno dei quattro romanzi classici della cultura cinese (siamo intorno al XVI secolo), spunto per tantissime rivisitazioni – per esempio Dragon Ball – che arrivano fino al fumetto Lo Scimmiotto, opera italiana del 1976 con i testi di Silverio Pisu e le chine di Milo Manara.

Ma gli spunti per andare oltre al gioco, in compagnia del gioco stesso, possono arrivare anche alla mitologia egiziana. Con il dio Anubi richiamato in modo diretto dal baby Pokémon Riolu e la sua evoluzione Lucario. Abbiamo quindi già accennato ai due leggendari in copertina nei titoli, Dialga e Palkia: i due Pokémon che rappresentano il controllo del tempo e dello spazio possono essere spunti diretti per ragionare anche sulla versione del creazionismo tipico della serie, sulle regole anche scientifiche che governano il mondo di fantasia che è teatro degli eventi.

In un mercato videoludico che spesso si traduce nelle esperienze “usa e getta” delle app che abbiamo sul telefono, il franchise Pokémon continua a rappresentare un unicum. Lo era/è la versione mobile Pokémon Go, ma Diamante Lucente e Perla Splendente è forse il tiolo della serie maggiormente capace di raccogliere frammenti di storia e cultura da tutto il mondo. E reinterpretarli in chiave leggera e appetibile per stimolare genuinamente uno spirito di ricerca e approfondimento, soprattutto nei più piccoli. Debitamente condotti per mano dai genitori.

Federico Cella, giornalista Corriere della Sera e papà di Martina e Valeria
Francesco Cilurzo, Content creator di gaming su Youtube e Twitch

 

Autore
Federico Cella
Federico Cella

Papà, giornalista del Corriere della Sera, esperto di videogiochi

Un titolo Pokémon è spesso un veicolo di cultura globale, attraverso il quale molte creature e luoghi narrano a grandi e piccini scorci storici, mitologici e folkloristici del nostro mondo, eventi realmente accaduti e reinterpretati in chiave fantasy