C’è qualcosa di magico nei videogiochi narrativi pensati per i più giovani. Come vere e proprie fiabe interattive, i mondi digitali contemporanei – caratterizzati da grafiche pazzesche, che li rendono sempre più simili a film d’animazione – aprono a universi alternativi popolati da personaggi intraprendenti. Pur rimanendo ancorati a temi universali, legati al crescere, come devono essere le favole per bambini. Emozionare giocando, e attraverso il gioco e l’emozione, insegnare ai più piccoli concetti utili lungo la strada, da percorrere con calma, verso l’età adulta. È quello che abbiamo pensato quando abbiamo messo le mani su Ratchet&Clank: Rift Apart, l’ultimo capitolo di una saga oramai ventennale, approdato su PlayStation 5 sul far dell’estate.
I due personaggi principali, Ratchet, alieno della razza dei lombax, e il robottino Clank, hanno condiviso tante avventure nel corso degli anni, ma con Rift Apart dimostrano una maturità differente rispetto al passato. Esattamente come il medium a cui appartengono, che vista la potenza di aggregazione che raggiunge in certe fasce d’età, ha deciso di assumere ufficialmente il ruolo di strumento (anche) educativo. I latini dicevano ludendo docére, ora il movimento europeo che promuove i videogiochi come parte del percorso scolastico si chiama learning by playing. Cambia il mezzo, non il fine: pur mantenendo un carattere squisitamente ludico e scanzonato, anche il nuovo gioco di Ratchet&Clank si appropria di tematiche importanti e attuali, occupandosi di valori come l’amicizia e l’inclusività senza mai diventare banale. Attraverso un racconto lineare ma efficace, che ricalca il più classico viaggio dell’eroe, le ultime peripezie di questo improbabile duo è quel tipo di esperienza da gustarsi capitolo dopo capitolo. E dove la condivisione emozionale - e non solo quella del controller - diventa un momento speciale. Un po’ come quando insieme si sfoglia il libro della buonanotte, prima di andare a dormire.
La trama, nella sua semplicità, punta esattamente alla condivisione dell’esperienza. Lo fa strizzando l’occhio a mamma e papà, che forse hanno vissuto da ragazzini le avventure di Ratchet&Clank sulla PlayStation 2. Il nuovo gioco di Insomniac Games parte con un vero amarcord, con una parata che ripercorre e celebra alcune delle gesta più memorabili che hanno reso leggendaria la coppia di eroi. Durante i festeggiamenti, Clank e Ratchet subiscono un attacco a sorpresa da parte del Doctor Nefarious (uno dei cattivi), che ruba il Dimensionatore, dispositivo che permette di viaggiare tra dimensioni spazio-temporali. Finito nelle mani sbagliate, ecco che si aprono diversi squarci nel continuum fino a un vero e proprio collasso dimensionale. Che risucchia, separandoli, i due protagonisti. Inizia la nostra avventura: atterrato in una delle dimensioni parallele, l’omino di latta Clank si imbatte in Rivet, una giovane combattente con un braccio meccanico e che altro non è che l’alter-ego femminile di Ratchet.
Come lui, Rivet appartiene ai lombax, una misteriosa razza aliena di cui si sono perse le tracce da molto tempo. Entrambi i personaggi hanno un sogno, che è poi la radice da dove cresce ogni bambino: trovare la propria famiglia e avere un luogo da chiamare casa. Ed è qui che entra in gioco l’empatia, il motore del gioco e dell’emozione. E dove il videogame diventa un’esperienza da condividere.
Condividere un’esperienza, badate bene. Perché il gioco in sé è un single-player fatto e finito, in cui un solo giocatore può materialmente muovere – gamepad in mano - uno degli avatar sullo schermo. La condivisione e la collaborazione sono quindi emotive e - magari seduti sullo stesso divano - diventano parte integrante di una sessione di gioco. Consigliare quale arma sia più efficace durante un combattimento – mai cruento, si badi bene, e spesso invece bizzarro e buffo – oppure in che modo risolvere un determinato enigma che impedisce di avanzare nel livello, diventano presto pratiche naturali che rendono questa esperienza ancora più coinvolgente.
Dialogare per trovare una soluzione efficace, o magari esplorare alcuni anfratti di ciascun pianeta in cerca di informazioni aggiuntive sui mondi narrati, o semplicemente gustarsi la visione di azioni frenetiche come quelle di una pellicola animata, diventa a suo modo un metodo per raccontare una propria storia attraverso il rapporto che lega le tante pedine di questo mondo.
Ma se è vero che il fil rouge di questo Ratchet&Clank: Rift Apart si riconferma la profonda amicizia che lega i due eroi, è l’introduzione di un personaggio inedito come Rivet all’interno di questa dinamica a cambiare i temi di fondo del videogame. In un mondo come quello videoludico che si è evoluto, fino a diventare finalmente aperto nei confronti di giocatrici e protagoniste femminili, la co-protagonista di Rift Apart si ritaglia uno spazio importante.
Dopo anni e anni di damigelle in pericolo e principesse da salvare, Rivet è un’eroina a tutto tondo che non ha bisogno di fare il maschio - come accadeva alla Lara Croft di Tomb Raider – per ambire a essere il nostro avatar dentro al gioco. Rivet non ha paura di mostrare le sue fragilità e le sue debolezze, non ha bisogno di essere portata in salvo (può farlo da sola), ma si apre senza vergogne machiste all’importanza dell’appoggio di un amico o di una squadra. Il fare squadra, nel gioco o sul divano, diventa ancora una volta un leitmotiv importante di questa avventura targata Ratchet&Clank.
Ma non è finita qui. Rivet diventa il perno anche dell’altro grande tema affrontato in Ratchet&Clank: Rift Apart. Quello della disabilità. Se il filo narrativo che lo introduce è piuttosto lampante, quel braccio meccanico che rende l’eroina diversa – “rotta” dice lei - ma altrettanto abile rispetto agli altri personaggi, è il carico della riflessione non in-game a rendere il gioco ancora più interessante. Ed educativo. I ragazzi di Insomniac Games hanno lavorato sodo affinché l’esperienza di gioco potesse essere fruita da tutti. Motivo per cui gli sviluppatori hanno messo a punto una serie di funzionalità che rendessero Rift Apart il più inclusivo possibile. Per prima cosa, hanno aggiunto opzioni di contrasto per far risaltare al massimo le informazioni chiave presenti nel mondo di gioco, pensate per i giocatori non vedenti o ipovedenti. Sono state inserite anche scorciatoie per quei giocatori che hanno difficoltà a premere più pulsanti contemporaneamente. Per evitare che alcuni utenti si sentano sopraffatti dal ritmo sostenuto del gioco, lo studio statunitense ha inoltre introdotto diverse opzioni di velocità per permettere a chiunque di giocare al proprio ritmo e senza sentirsi in alcun modo frustrati. Ultimo ma non meno importante, il gioco offre anche opzioni come “Tieni premuto” e “Attiva/disattiva per la mira”, l’accesso semplificato alla ruota delle armi e la riduzione dell’oscillazione, per rendere l’esperienza accessibile a tutti i fan, vecchi e nuovi, di Ratchet&Clank.

Una fiaba moderna, graficamente suggestiva, ma capace di trasmettere valori su cui riflettere. Ratchet&Clank: Rift Apart si riassume così: un’avventura che mette sul tavolo tanti elementi, li orchestra alla perfezione, e bilancia in modo efficace il giusto mix di buoni sentimenti (senza risultare mai stucchevole), azione frenetica e battute spassose. Un mix saggio che permette di vivere il gioco facendo squadra, a casa propria.
Federico Cella, giornalista e papà di Martina e Valeria
Fabrizia Malgieri, giornalista ed esperta di storytelling digitale