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Videogiochi per il rientro a scuola

La recensione di papà Federico e mamma Errica

I videogiochi sono nemici della scuola. Edoardo Bennato, più di 40 anni fa, cantava: “Ma chi l'ha detto? Ma dove sta scritto?”. I giochi elettronici NON sono nemici della scuola, è tutta una questione di regole. Meglio stabilire in modo condiviso quelle famigliari, senza dover aspettare - come accade in Cina - un regolamento statale: sotto i 13 anni nessun accesso oltre un’ora al giorno. Perché i videogiochi non diventino un impedimento ma, anzi, siano funzionali all’educazione dei vostri figli, serve appunto essere d’accordo su alcuni limiti. Tanto più in occasione di un ritorno a scuola così particolare come quello del 2021, cioè dopo due anni passati in casa assieme e durante i quali gli schermi sono diventati un punto di riferimento per tutta la famiglia. L’interazione con lo schermo, come mediazione con il docente e non in sostituzione di questo, diventa poi un valido aiuto per i ragazzi e le ragazze che possono avere dei disturbi di apprendimento.

Partiamo intanto da un presupposto: i vostri figli, chiunque voi siate, sono amanti dei videogiochi. A voi piacevano i robot giapponesi o i video dei Duran Duran? Loro vogliono Animal Crossing e Fortnite. Non solo è inutile discutere ma diventa anche dannoso. Molto meglio come diciamo sempre giocare con loro. Non facendo gli esperti se non lo siamo, anzi lasciando a loro il pallino della spiegazione e ponendosi come partner. In questo modo i videogame saranno un ponte e non una barriera. E il rapporto di gioco – come abbiamo scritto in merito a It Takes Two – diventa una ottima base per porre le regole. Che altrimenti calate dall’alto non sarebbero né capite, né seguite. Nelle sezioni dedicate di questo sito potete trovare diversi spunti per creare il vostro contratto famigliare sui videogiochi, dal decidere insieme i contenuti allo stabilire i tempi di gioco, passando dall’utilizzo (consigliato, almeno all’inizio) dei controlli parentali.

Poste le basi di un corretto videogiocare in famiglia, potete passare al gradino superiore: integrare i videogiochi con la formazione dei vostri figli. L’interattività è il loro mondo, il digitale le radici su cui stanno crescendo. Quello che faranno in futuro, di qualunque cosa si tratti, si baserà anche sulle cosiddette soft skill, capacità di problem solving e di pensiero laterale che si esercitano alla grande con i videogiochi. Sono altre certezze da cui partire e che è inutile contrastare. Anzi. Il learning by playing (o game-based learning), imparare giocando, è un concetto vecchio – i latini dicevano ludendo docere – che diverse associazioni di settore stanno cercando di portare all’interno della scuola. I libri non sono superati ma a volte vanno integrati con un linguaggio più vicino a quello quotidiano dei bambini e ragazzi tra di loro. Quello (anche) dei videogiochi.

Gli studenti hanno bisogno di intuire che ciò che si propone è interessante e utile per la loro vita e che per questo vale la pena impegnarsi per apprenderlo. Presentare un’attività in modo affascinante e significativo diventa cruciale, tanto quanto agganciarla alle conoscenze già acquisite, al loro bagaglio culturale ed esperienziale. Inserire il videogioco didattico in una lezione aiuta a vivere un’esperienza di apprendimento positiva: motivazione, coinvolgimento e divertimento, senza i quali non potrebbe esserci apprendimento significativo. Nel processo di insegnamento/apprendimento sono inoltre coinvolti più canali (vista, udito, tatto, movimento) e ciò rende inclusiva la lezione. Gli studenti si sentono finalmente attivi, protagonisti e liberi di poter commettere errori senza essere giudicati. Anche i più fragili e diffidenti. La transizione sarà lunga, perché oltre che contenuti adatti serve personale docente preparato.

Quello che potete fare è iniziare un piccolo laboratorio di didattica interattiva a casa vostra.  Per esempio usando questi videogiochi.

 

Assassin’s Creed Discovery Tour
Lo spin-off degli assassini (senza assassini!) è un vero gioiello da scoprire. Avete presente la saga? Ecco, togliete tutti gli elementi di game play, i salti, gli sgozzamenti e pure la parte stealth: cosa vi rimane? Il Discovery Tour, la spettacolare ricostruzione di mondi antichi, fatta con rilievi fotografici e la partecipazione di storici e architetti. In attesa dell’arrivo anche della versione Valhalla, sul sito di Ubisoft trovate Ancient Greece (da Odissey) ed Ancient Egypt (da Origins). E sono nel loro genere dei veri capolavori: la Grecia antica, in epoca ateniese (parliamo di quando c’era Pericle), è da percorrere tutta, con la magnificenza delle sue opere architettoniche “fotografate” nel periodo di piena fioritura e gli “hotpoint” su battaglie (Maratona!) o momenti topici. Stessa cosa per l’Egitto della tarda epoca dei faraoni, con viaggi a piedi o in volo (nella forma dell’aquila Senu) per toccare con mano la piramide di Giza o la Biblioteca di Alessandria. Lo scopo di sostegno allo studio della storia o anche dell’organizzazione societaria o della produzione artistica è inutile sottolinearlo: quello che abbiamo letto sui libri è lì, nella sua magnificenza digitale.

 

La Storia da protagonisti


Sempre in termini di Storia, ma con tutte le derivazioni di organizzazione sociale e di patrimonio culturale delle civiltà che ci hanno preceduto, esiste poi una vasta “letteratura videoludica”. Il capostipite è in tal senso Civilization, un’intuizione di Sid Meier del 1992 ora arrivata all’episodio VI che mette il giocatore a capo di un popolo e lo invita a condurlo dall’età della pietra fino ai giorni nostri e oltre. Il tutto basato su ricerche storiche e culturali e una formidabile alberatura delle invenzioni dell’uomo che da sola basterebbe a fare da spina dorsale a un corso scolastico sulla capacità innovativa della specie. Sono tanti gli emuli e i derivati, da Age of Empires a Total War: si gioca a turni proprio per agevolare il ragionamento. L’unica difficoltà è decidere assieme quale turno sarà l’ultimo, per poi andare a dormire.

 

Educazione civica e sostenibilità ecologica
Per scegliere un videogioco educativo basta un po’ di informazione e poi diventa una questione sul più adatto alla propria famiglia. Un’altra branca interessante la possiamo far risalire a un’altra pietra miliare del medium: SimCity, ossia la serie di Will Wright che ci mette nei panni di un sindaco che ha una città da far crescere. Si arriva a dettagli decisionali davvero minimi, utili per capire la complessità di un ecosistema. Mentre il derivato The Sims può aiutare a intuire un’altra complessità, quella delle relazioni umane – ma la formazione su “noi e gli altri” può passare da molti titoli, tra cui segnaliamo Life is Strange -, è interessante la deriva ecologica del genere. Qui troviamo per esempio l’italiano Change Game, un vero strategico sulla sostenibilità da giocare in multiplayer. Oppure, con un tratti più action-puzzle, il Reset Earth presentato a inizio del 2021 dalle Nazioni Unite.

Capire il presente, giocando
In Polonia, con proposta del ministero per l’Istruzione, è stato usato un videogioco sviluppato nel PaeseThis War of Mine – per insegnare i “danni collaterali” derivanti da una guerra. Inquadrare con i propri figli la società dove viviamo e dove questa sta andando è un terreno fertile per i videogame. Anche Call of Duty volendo può darci una mano, anche se il campione del genere “social-bellico” rimane il bellissimo Valiant Hearts sulla Grande Guerra. Se anche Cyberpunk 2077 può darci un bel po’ di spunti sul presente, è togliendo l’azione frenetica che può migliorare lo “studio”: un invito doveroso è di provare giochi narrativi come Detroit: Become Human, oppure un capolavoro (un po’ complesso, sotto diversi aspetti) come Death Stranding.

 

La fisica giocata con i fisici
Torniamo a Will Wright e al suo Spore del 2008: il gioco è tutto basato sull’evoluzione biologica e, come tradizione della casa, questo processo millenario è lasciato nelle nostre mani creative. È un ottimo esempio di cosiddetti giochi “god mode”, che purtroppo ha trovato poco seguito. Se avete un figlio o una figlia appassionati alla scienza (o volete provare a farli appassionare), potrebbe essere un bel passaggio creativo. Così come, con portata del tutto differente, diventa interessante provare assieme Gran Sasso Videogame: il titolo sviluppato all’interno dei Laboratori Nazionali di ricerca e tutto basato su soluzioni di quiz scientifici.

 

Laboratorio di Videogiochi e gli altri
Qui parliamo invece di titoli dedicati all’apprendimento del pensiero computazionale e dei primi passi di coding. Sono l’esempio di come alcune materie potrebbero essere affrontate con un approccio differente, non attraverso la gamification ma proprio rendendole un gioco in sé. L’ultimo in ordine di tempo è Laboratorio di Videogiochi di Nintendo, perfetto esempio di titolo sandbox: una “vasca di sabbia” con cui costruire i propri castelli digitali. Imparando man mano le regole della malta e dei mattoni che servono per programmare un proprio gioco. E non dovete temere: è tutto estremamente divertente. La scelta dei titoli di questo genere è piuttosto ampia. Ci sono quelli più espressamente dedicati al coding, il cui capostipite è Scratch, un semplice programma creato dall’Mit per insegnare la programmazione ai più piccoli: non è un videogioco ma è molto semplice e intuitivo. C’è poi tutto il filone nato con Minecraft, il Lego digitale. Ne fa parte Dreams, il sandbox di Playstation, molto elegante e ben fatto. Roblox, pur nato nel 2006, è quello più di tendenza al momento (42 milioni di utenti attivi al giorno!): oltre a essere una piattaforma di creazione, propone agli utenti migliaia di giochi (creato dagli utenti stessi) tra cui scegliere. In arrivo verso la fine dell’anno è poi The Sandbox: sfruttando la tecnologia blockchain vuole unire alla creatività degli utenti, la possibilità per questi di essere pagati per le proprie creazioni.

 

Lo studio diventa un gioco
E se possiamo anche pensare di allestire una palestra in casa, facendo un po’ di educazione fisica, utilizzando i cosiddetti exergames (ne fanno parte Ring Fit Adventure per Switch e anche il blockbuster Just Dance), qui vi consigliamo di provare due non-videogiochi. Parliamo di software polifunzionali come Kahoot o Mentimeter che permettono con facilità di costruire una qualunque lezione basata sulla gamification. Si sceglie un tema (matematica e geometria, per esempio?) e via a preparare problemi e quiz, magari utilizzando video e disegni trovati in rete: il software permette di collegarsi alla “lezione” tramite smartphone ed è così molto semplice creare un gioco di società da fare in casa. Utile e dilettevole.

 

La socialità di Fifa (e Pes)
Infine, parlare di rientro a scuola e videogiochi e non citare Fifa, o il rivale Pes, sarebbe una bruttura. Perché il videogioco di gran lunga più venduto in Italia esce sempre a settembre – a mercati chiusi - , proprio per essere in continuità con gli inizi dei campionati di calcio. Ma cosa c’entra con la scuola? Moltissimo. E non solo perché rischia a volte di essere un muro tra i vostri figli (maschi) e i compiti e il sonno (e per questo servono le regole), ma perché Fifa ha grazie alla sua popolarità un ruolo unico di socializzazione tra i ragazzi. Fondamentale, come tutte le piazze virtuali, durante i vari lockdown, rimane un punto di incontro importante. Non in sostituzione agli incontri dal vivo, ma complementare per la vita sociale di un figlio della Generazione Z. Magari, come sempre, in compagnia di un papà boomer o millennial.

Federico Cella, giornalista e papà di Martina e Valeria
Errica Maggio, tutor psicoeducativa Dsa, Adhd e mamma di Alice, Giulio e Antonio

Autore
Federico Cella
Federico Cella

Papà, giornalista del Corriere della Sera, esperto di videogiochi

I giochi elettronici NON sono nemici della scuola, è tutta una questione di regole. Meglio stabilire in modo condiviso quelle famigliari.