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Quando l’innovazione entra nella nostra vita, alcuni di noi sono più portati alla preoccupazione e altri all’entusiasmo. Il walkman – lettore di musica su audiocassette – negli anni 80 era considerato una minaccia che avrebbe alienato i giovani dalla realtà per trasformarli in zombie asociali. Oggi tutto ciò si sta ripetendo con i videogiochi. Stessi protagonisti: i giovani, stessi timori: isolamento, socializzazione e così via. Questo fenomeno – purtroppo ciclico – si chiama panico morale e conoscerlo può aiutare a cavalcare l’onda del cambiamento senza esserne travolti.
Il panico morale si manifesta quando qualcuno o qualcosa viene etichettato come minaccia, prima che ce ne siano le prove. Si crea poi un cortocircuito tra opinione pubblica, mezzi di informazione e istituzioni, che consolida il panico, senza evidenze di un allarme reale, travolgendo purtroppo un capro espiatorio.
Il meccanismo del panico morale funziona così:
- qualcosa o qualcuno viene identificato come una minaccia per la società,
- la minaccia è descritta in modo approssimativo,
- la banalizzazione aumenta le preoccupazioni del pubblico e crea tensioni,
- le autorità confermano le paure prima delle evidenze,
- il panico morale si consolida in un cambiamento sociale.
I video games pur con qualche decennio sulle spalle sono diventati solo recentemente un fenomeno globale. Questo successo ha catturato l’attenzione del pubblico generale che non avendone esperienza diretta lo trova inspiegabile e lo osserva con sospetto. Nonostante la stampa specializzata lavori con competenza e responsabilità, i media generalisti fiutano gli interessi del pubblico e talvolta li sollecitano con toni sensazionalisti. Un esempio sono i titoli “clickbait” che hanno sui lettori l’effetto di scrollare una lattina di bibita gassata. I temi bollenti si ripetono come un carosello: contenuti violenti, esposizione agli schermi, abusi. Le emozioni (es. ansia e paura) vengono usate per manipolare l’attenzione del pubblico, che sente le sue preoccupazioni confermate dalle notizie: “ho letto sul giornale che.. allora avevo ragione!”.
La ricerca scientifica ha però sfatato da anni molte di queste notizie, ma la mente umana è portata automaticamente a dare per vere le informazioni in base alla frequenza con cui le riceve: la comunicazione di massa rischia di essere più forte della scienza. Un’informazione ripetuta più volte sarà ritenuta credibile in quanto già sentita, a sfavore di un’alternativa meno conosciuta.
In più talvolta, figure autorevoli – ma non esperte di videogiochi – confermano l’allarme senza evidenze e la percezione generale si cristallizza in realtà, sulla pelle dei videogiocatori.
Quali sono le conseguenze del panico morale?
Dietro le cautele dei genitori e degli educatori, c’é il senso di responsabilità per la tutela dei minori. I video games in quanto fenomeno nuovo portano con sé una naturale preoccupazione per tutto ciò che è sconosciuto. Di fronte all’ignoto, anche gli adulti si sentono vulnerabili e qualcuno può cercare di approfittarne di queste insicurezze. Se l’obiettivo è il benessere dei videogiocatori, è giusto mantenere le cautele su un piano di realtà cercando però di non trascendere nel panico.
Il rischio è proprio quello di stigmatizzare una categorie di persone: i gamers. Per anni gli amanti di video games e tecnologia sono stati esclusi a livello sociale ed etichettati come “nerd”, in quanto erano una minoranza. Per costruire un ponte di comunicazione con la cultura del gaming e chi ne fa parte, il modo migliore è provare ad ascoltare l’esperienza di chi videogioca e mettersi direttamente alla prova, anche con i giochi più semplici. La realtà è meno spaventosa della fantasia.