Il videogioco in famiglia
5 Giugno 2020Creare videogiochi può diventare un lavoro?
15 Giugno 2020I videogiochi si possono includere tra gli strumenti di una didattica ricca, multimodale, che esplora ambienti e dinamiche capaci di rispondere ai bisogni sociali, emotivi, mentali e motivazionali delle nuove generazioni.
La capacità dei videogiochi di “insegnare” non si limita solo agli studenti: spostare il confine tra educazione e intrattenimento è un grande obiettivo: sviluppare competenze e abilità in soggetti che si sentono oramai esterni alle dinamiche dell’educazione è quindi una grande sfida. E così, vediamo nascere nuove metodologie in ambienti inaspettati: i cultori della public history usano le serie TV delle piattaforme di broadcasting online come strumento didattico, così come i videogiochi sono sempre più usati come ambienti, obiettivi e strumenti per la didattica e la formazione professionale.
Senza voler entrare nello specifico delle categorie di videogames rispetto alla didattica, di certo è interessante notare che oltre ai giochi educativi (serious games, simulazioni game-based) i quali sono disegnati intenzionalmente con scopi di apprendimento e processi di interazione docente-studente chiari, sempre di più si riconosce un valore didattico nei giochi commerciali (i cd. off-the-shelf) ossia in quei giochi che nascono per essere acquistati e utilizzati per l’intrattenimento.
I videogiochi sono un medium estremamente accattivante, dove si possono stimolare processi cognitivi collegati alla comprensione di informazioni implicite ed esplicite, allo sviluppo del ragionamento induttivo e deduttivo, al problem-solving e alla costruzione di sistemi di inferenze da dati trasversali. Quando si tratta di ambienti ricchi, stimolanti e creativi, i videogiochi diventano dei sistemi dinamici che permettono al giocatore di raggiungere il tanto auspicato flow, uno stato in cui il nostro cervello è in uno stato di intensa concentrazione e attenzione, un’esperienza ottimale, dove una persona è coinvolta in attività complesse e ad obiettivo, non collegate a un riconoscimento esterno, svolte per la mera volontà di completarle.
In generale si riconosce che in molti ambienti di videogames, le abilità direttamente sviluppate sono da ricollegarsi al pensiero strategico, alle abilità comunicative e creative, oltre che – in generale – di consapevolezza di molte dinamiche tecnologiche. Si creano cioè delle dinamiche di “esercizio mentale” per lo sviluppo di numerose abilità cognitive – incorporando molte tecniche tipiche delle scienze pedagogiche, anche se non erano state introdotte deliberatamente.
La letteratura è piena di esempi di adozione dei videogiochi commerciali come strumenti di supporto per la didattica scolastica, i quali stanno raggiungendo un ampio riconoscimento sulla loro capacità di costituire un modo efficace di creare ambienti educativi socialmente interattivi e coerenti con i principi costruttivisti. Tanti videogiochi commerciali si sono guadagnati un grande successo, attraverso esperienze documentate di utilizzo in situazioni didattiche: Civilization e Age of Empires, SimCity, Roller Coaster Tycoon – utilizzati estensivamente per sviluppare soft skills; Angry Birds per insegnare la conservazione dell’energia meccanica; fino ad arrivare a Minecraft che, a seguito del suo enorme successo globale, ha costruito una release proprio dedicata alla didattica, con dinamiche, contenuti e mondi utilizzati oramai senza sosta.
Il videogioco è entrato in classe quindi come ambiente, un sandbox, in cui codificare delle dinamiche, delle regole e dei traguardi che immergono lo studente in un’interazione costruita per degli obiettivi di apprendimento (se videogioco educativo) o in un ambiente altamente motivante e creativo (se videogioco commerciale). In molti casi è anche uno strumento didattico, quando si applicano le sue dinamiche (game based learning) come strategia di ingaggio e di motivazione; e infine è inteso anche come oggetto stesso della formazione, ossia è sempre più rilevante comprenderne le funzioni, i meccanismi interni e le caratteristiche, e soprattutto il linguaggio (vedi il mondo del coding collegato alla costruzione di app di gioco, ad esempio attraverso Scratch).
Esistono però anche delle barriere al loro utilizzo in classe e per scopi didattici: spesso questioni collegate alle dotazioni tecnologiche degli spazi didattici (una rete stabile e capiente, dei device performanti). Non è solo una questione tecnologica, però: seppure considerati come un prezioso asset, i ritmi dell’apprendimento curricolare spesso impediscono una facile collocazione di questi strumenti nelle routine educative. Un ultimo, ma non secondario, ostacolo riguarda la mappatura delle competenze, e la loro corrispondenza con le indicazioni nazionali: spesso i docenti trovano difficile identificare velocemente quali competenze e conoscenze siano sviluppate nei videogiochi – oltre che comprendere quanto complete esse siano e come si possano valutare.
Nel contesto della didattica a distanza, poi, l’utilizzo dei videogioco può certamente diventare un espediente didattico interessante: rimane evidentemente da approfondire il modo in cui il docente possa gestire le interazioni individuali di tutta la classe “disaggregata” – ma una volta trovato il meccanismo di ingaggio e l’obiettivo didattico, si può certamente immaginare che questo diventi un ottimo ambiente in cui gli studenti riescono ad esprimersi con sicurezza.
Sarà certamente molto interessante approfondire come superare queste barriere, per fare in modo che il valore positivo di meccanismi, contenuti e prodotti dei videogiochi possa generare sempre più impatto negli ambienti educativi.